Questo sito fa uso di cookies, propri e di terze parti, necessari al funzionamento ed utili alle finalità illustrate nella cookie policy. Se vuoi saperne di più o negare il consenso a tutti o ad alcuni cookie, consulta la cookie policy. Chiudendo questo banner, accetti l'uso di tutti i cookies.

Se non si modificano le impostazioni del browser, l'utente accetta. Per saperne di piu'

Approvo

LUNEDI’ 05 AGOSTO 

La giornata di oggi è stata nel segno della condivisione. Al mattino abbiamo raccolto i resti delle macerie del dormitorio femminile con i bambini, al pomeriggio abbiamo giocato insieme. 

IL FATTO DEL GIORNO – Oggi come fatto del giorno vogliamo raccontare qualcosa di allegro, la nascita di una nuova animatrice: Miriam “Chepkoech”. Tredici anni, Miriam ha iniziato questo viaggio ponendosi una domanda importante: “Coso potrò fare io per questi bambini?” La risposta è venuta sin dal primo impatto, durante il “benvenuto” di sabato notte, quando le ragazze della Secondary School, sue coetanee, l’hanno fatta sedere in chiesa sulle panche insieme a loro, mentre il resto del gruppo si presentava dinnanzi all’altare, e le hanno fatto indossare la loro stessa divisa scolastica. La peculiarità di Miriam è dunque questa: essere una di loro. I bambini impazziscono per questo dettaglio, cantano e ballano i suoi bans a perdifiato, la seguono ovunque scandendo il suo nome. Papà e mamma sono senza parole, Silvia, la sorella, è orgogliosa di lei e vende autografi in cambio di una fetta d’ananas; al mattino, quando Miriam apre la porta della casa di Padre Christopher, i bambini della strada urlano il suo nome come se fosse una rockstar. Eppure Miriam non si è montata la testa: al contrario dimostra una grande disponibilità, sia con i bambini della scuola sia con quelli del villaggio, rimanendo in strada a cantare i suoi bans sino all’ultimo minuto disponibile di luce del sole. 

Ed è questo che siamo venuti a fare noi tutti qui: donare la nostra disponibilità, in questo caso nel gioco. Ciascuno di noi lo fa a modo proprio. Paolo, ad esempio, ha avuto un impatto un po’ prudente, in particolare coi bambini del villaggio che ci accompagnano durante la passeggiata dalla casa alla scuola, e che ci prendono per mano e vogliono starci addosso. Paolo si è chiesto: “Posso prenderli in braccio? Io, genitore italiano, come reagirei se un perfetto estraneo prendesse per mano o in braccio mio figlio?” Qui c’è molta disponibilità, ed i genitori non solo lasciano che i propri figli giochino con noi “muzungu” (uomini bianchi), ma ne sono orgogliosi. 

Anche Renato e Suor Jola “Mdogo” preferiscono un approccio più “soft”, ad esempio alzarsi all’alba per uscire a trascorrere un po’ di tempo coi bambini del villaggio, facendo piccoli giochi in tranquillità. 

Altri, come Sonia e Francesco, sono trascinanti. Luisa, in apparenza timida, si è rivelata essere una sorpresa. E’ stata una bella soddisfazione, per lei e per Serena, riuscire a fare ridere Chumbia, una bambina che nel 2011 non sorrideva mai e che ora è sempre in prima fila con un grande sorriso dipinto sul volto. Sara, già animatrice scout, ha un vero talento per i bans, e così Silvia. Isabella porta costantemente dipinta sul volto un’espressione di meraviglia per l’atmosfera di magia che si è creata nell’interagire con questi bambini. 

I bambini, ovviamente, sono i veri protagonisti di queste giornate. Quelli del villaggio, ad esempio, anche se sono molto piccoli, sono già responsabili. Quando si allontanano troppo, tornano a casa da soli; i più grandicelli portano in spalle il fratello minore. Sono affettuosi e gentili, cercano il contatto fisico, l’abbraccio, vogliono portarti la borsa e se dimentichi una qualsiasi cosa in giro la prendono e te la restituiscono. Sono curiosi, anche da un punto di vista fisico: ti tirano e toccano peli (agli uomini) e capelli (alle donne). Ti strofinano la mano per vedere se sotto la polvere essa sia nera. Un bambino ha morsicato la mano a Matteo per “assaggiarlo”; in certi momenti sembra proprio che ti mangerebbero, ma nel senso che vogliono conoscerti, essere con te, a tal punto che farebbero di te un pasto. Matteo si è riservato un “goccio” di perplessità su questo punto. 

L’AFRICA E’ – Semplicità, attenzione alle cose che contano. Questa mattina siamo andati alla scuola per lavorare sui resti dell’incendio. Tutti si sono messi all’opera, rimuovendo lamiere, raccogliendo oggetti, riportando ordine nel disordine. È stato toccante vedere i piccoli letti bruciati, così come il salvare qualcosa di integro, quaderni, vestiti, da restituire alle bambine affinchè possano venire riutilizzati. Man mano che procedevamo nel fare pulizia, ci colpiva il vedere le valigie accatastate, e così gli altri oggetti; dietro ad ogni scarpa trovata vi era la storia di un bambino. 

Raccogliere gli oggetti bruciati, infatti, è stato in un certo senso come portare il peso di quanto successo; all’inizio i bambini ci guardavano da lontano e forse non capivano perchè non fossimo nel campo a giocare insieme a loro; poi si sono avvicinati ed hanno fatto la raccolta insieme a noi, differenziata in base al tipo di oggetto: nel loro sguardo abbiamo scorto la condivisione anche della sofferenza. 

Quando abbiamo finito, i bambini si sono avvicinati guardando le nostre mani sporche di fuliggine; Silvia è stata portata in una camerata, dove i bambini hanno voluto condividere il loro recipiente dell’acqua (che noi sappiamo dover durare per diverso tempo) per lavargliele. A Suor Jola i bambini hanno chiesto di abbracciarli; lei ha risposto che questa volta non poteva, perchè aveva le mani troppo sporche, e loro hanno ribattuto che non era importante che fossero sporche, perchè erano sporche perchè avevamo fatto qualcosa per loro; e poi l’hanno abbracciata.

 

MARTEDI' 06 AGOSTO

La giornata di oggi è stata dedicata a portare nelle classi le lettere scritte dai bambini e ragazzi italiani per i bambini africani e ad insegnare ai bambini africani a scrivere le lettere per i bambini italiani. Serena e Cristina hanno lasciato il gruppo per trasferirsi a Kaplong, dove faranno per alcuni giorni l’esperienza di lavorare in un ospedale kenyota.

IL FATTO DEL GIORNO – L’idea di fare scrivere delle lettere ai bambini italiani per i bambini africani e viceversa è nata per promuovere uno scambio d’amicizia fra i due gruppi; il nostro desiderio come associazione sarebbe che questa corrispondenza a distanza continuasse nel tempo.

Oggi siamo andati nelle classi a distribuire le lettere scritte dai bambini e ragazzi italiani per i bambini africani, e poi abbiamo insegnato ai bambini africani a scrivere, in inglese, delle lettere per i bambini italiani.

È stata un’esperienza particolare. Nei visi dei bambini di Siongiroi abbiamo visto la gioia di sentirsi pensati in Italia non solo dagli adulti ma anche dai loro coetanei. Tutti si sono impegnati e nelle lettere hanno raccontato qualcosa di sè. In alcuni, però, c’era una certa timidezza: una bambina, ad esempio, era rimasta indietro nella stesura della lettera e non sapeva come recuperare, quando l’abbiamo aiutata si è illuminata in un bellissimo sorriso.

Abbiamo raccolto centinaia di lettere. Non ne avevamo portate altrettante, non ce n’era una testa, eppure hanno condiviso quelle che abbiamo donato, senza strapparsele di mano.

Dove l’esperimento è riuscito meglio, naturalmente, è stato nella classe delle ragazze più grandi. Abbiamo chiamato una ragazza a leggere ad alta voce le varie lettere, ed in questa maniera si sono sentite più coinvolte; poi hanno iniziato a scrivere le proprie risposte ed erano così concentrate che, nonostante avessimo dato loro una settimana di tempo per completare le lettere, hanno rifiutato di fare altri giochi per dedicarsi alla scrittura.

Con i bambini più piccoli, che non parlano inglese, anzichè uno scambio di lettere, vi è stato uno scambio di disegni. Anche in queste classi i bambini si sono subito messi all’opera con entusiasmo. Con un certo rammarico, abbiano notato che la maestra temperava le matite con un taglierino perchè in classe non ne possedevano, ed abbiamo ripensato a quando, in Italia, non abbiamo comprato i temperini dando per scontato che li possedessero. Le aule sono ancora fragili assi di legno, come nel 2011. Appendendo i disegni alle pareti, si sentivano tremare queste ultime perchè al di là qualcuno stava scrivendo sulla lavagna. Ad un certo punto i bambini hanno iniziato a fare i versi degli animali, Suor Jola “Mdogo” ha risposto col verso del pollo, e da lì è stato tutto un ballo ed una filastrocca.

Per Miriam, l’esperienza ha avuto un sapore speciale, perchè quando era una studentessa di seconda elementare nella sua classe erano venuti a parlare alcuni ragazzi che erano stati in Africa ed avevano portato in dono dei disegni fatti dai bambini africani; oggi si è emozionata nello svolgere lo stesso ruolo per altri bambini.

ANEDDOTI CURIOSI: spesso qui le persone si avvicinano per salutare e dare la mano. A volte, però, qualcuno esagera. Oggi un ragazzo si è avvicinato a Sara, le ha dato la mano per salutarla ma poi non l’ha lasciata andare, continuando a tenerla stretta ed iniziando a strusciarsi un po’. Sara, imbarazzata, cercava di liberarsi; Suor Jola “Mtakatifu” si è messa a ridere, chiedendogli: “Quante mucche vuoi?” Perchè qui la sposa si compra con le mucche. Abbiamo pensato di contattare il papà di Sara per chiedergli quante mucche volesse per dare il consenso, ma il suo cellulare risultava essere non raggiungibile e così il fidanzamento è saltato, per il sollievo di Matteo.

 

MERCOLEDI’ 07 AGOSTO 

Oggi con i bambini abbiamo iniziato il percorso giochi dei cinque continenti.

IL FATTO DEL GIORNO – Il percorso consiste nel descrivere ai bambini riuniti nella chiesa, ogni mattina, le caratteristiche di un continente della Terra e nel proiettare un cartone animato ambientato in quel continente. Successivamente si leggono una frase tratta dal cartone animato ed una frase tratta dal vangelo ad essa connessa, si completa un mosaico raffigurante bambini dai cinque continenti abbracciati da Gesù e infine si passa a proporre giochi da oratorio attinenti al continente del giorno. Questo, in sintesi, il percorso. Il continente del giorno è stato l’Asia, il cartone animato Mulan.

FRAMMENTI D’AFRICA

 La scuola deserta durante la proiezione del film, una mucca in presidenza.

Tutto il mondo è paese: la tua amica muzungu è fidanzata?

Miriam (bimba africana che ha freddo e si meraviglia del dono) che indossa la felpa di Miriam (bimba italiana che si meraviglia del freddo e dona).

Giocare con il copertone di una ruota in una strada impolverata di uno sperduto paese africano e sentirsi felici.

Bambini che da soli al buio cantano i nostri bans.

Pika picha, bambini che non si stancano mai di chiedere di venire fotografati.

Masticare un rametto d’arbusto per lavarsi i denti: “ma voi in Italia come fate?”

Lo sguardo delle ragazze della scuola che vanno a riempire i recipienti dell’acqua, mentre i bambini giocano nel prato. Il loro senso di responsabilità, il loro desiderio di essere con noi.

Due italiani e due bimbi africani, le mani unite, l’alba, il silenzio della natura: incanto.

Bambini africani che guardano il film con stupore, muzungu italiani che guardano con stupore bambini africani che guardano il film con stupore.

Bambini che in cerchio ti circondano e vogliono toccare ogni parte del tuo corpo: curiosità.

Capire qualche parola in swahili del bambino di turno nel tenerti per mano, “lui non parla swahili, solo inglese”. Sorridere.

Il pianto di un bambino di 3 anni disperato perchè non può giocare con i muzungu a causa del fratellino di 1 anno che porta sulle spalle che ha paura dei muzungu.

La prima pioggia, il primo maziwa lala.

 

GIOVEDI’ 08 AGOSTO 

Oggi abbiamo continuato il percorso dei cinque continenti. Il continente del giorno è stato l’America, il film Pocahontas. Rientrando a casa, abbiamo avuto l’opportunità di vedere la pozza d’acqua cui attingono le ragazze della scuola, e fatto lezione con le stesse. 

  

IL FATTO DEL GIORNO – Spesso nei nostri frammenti d’Africa parliamo dei bambini del villaggio o dei bambini della scuola primaria. Vi è anche un terzo gruppo di giovani con cui abbiamo l’opportunità di interagire: le ragazze della Secondary School. Oggi, ad esempio, alcuni fra noi, durante la proiezione del cartoon per i più piccoli, si sono assentati per andare a partecipare ad una lezione nelle aule delle ragazze più grandi. La nostra partecipazione è stata effettiva, nel senso che ci hanno invitati a sedere fra i loro banchi, ci hanno dato un quaderno ed una biro ed abbiamo preso parte ad esercitazioni ed interrogazioni. Il metodo d’insegnamento è basato sul dialogo ripetitivo, nel senso che l’insegnante spiega e poi chiede agli alunni di ripetere quanto spiegato. In pratica, non avendo veri libri, l’apprendimento è basato sulla ripetizione orale e sugli appunti presi a lezione. La partecipazione alle attività della scuola finisce sempre per apportare qualche dettaglio che ci spiazza: oggi ad esempio notavamo che alcune ragazze non facevano l’esercizio ed abbiamo pensato che non avessero capito o comunque non fossero in grado; in realtà, semplicemente, solo un’alunna su due aveva la penna per scrivere, così esse scrivevano a turno. 

Altro momento che abbiamo condiviso con le ragazze più grandi è stato a fine giornata, quando le abbiamo accompagnarle alla pozza dove esse si riforniscono dell’acqua per lavarsi il corpo ed i vestiti. La pozza, esterna alla scuola, viene utilizzata quando la pozza interna alla scuola è vuota, e dista circa 15’ a piedi. Le ragazze coprono il percorso portando il recipiente pieno d’acqua sulla testa, in perfetto equilibrio. Anche noi abbiamo provato, per gioco e fra le loro e le nostre risate, a portare un recipiente d’acqua sulla testa, ma il nostro equilibrio, rispetto al loro, era così precario che abbiamo dovuto desistere.

 

L’AFRICA E’ – Questa mattina, come di sua abitudine, Suor Jola “Mdogo” è uscita all’alba per fare una passeggiata. Questa volta ha provato a fare un percorso alternativo rispetto a quello che facciamo quotidianamente per andare sino alla scuola, ed ha incontrato nuove persone, nuove famiglie. Le è piaciuto osservare gli abitanti del villaggio all’inizio della loro giornata. In due case l’hanno invitata a prendere un tè. Al ritorno dalla passeggiata, Suor Jola ha incontrato Chumbia, una bambina che inizialmente non sorrideva mai e che invece ora è divenuta una vera gioia per gli occhi per come ha superato la sua diffidenza. Chumbia – il cui nome significa “muzungu” in quanto è nata nel 2011 nel periodo in cui eravamo presenti nel villaggio noi uomini bianchi – le si è gettata addosso, ridendo e tirandole l’abito; poco dopo è sopraggiunta una donna, portando un abito per Chumbia, che non indossava vestiti. Suor Jola, ridendo, ha vestito la bambina, poi insieme a lei ha camminato sino al cancello in legno della casa di Padre Christopher; a questo punto la bambina ha fatto segno a Suor Jola di sedersi ed è andata a prendere una sorta di carruba, di colore verde, che conteneva dei semi simili a piccoli fagioli; ha aperto il frutto ed ha iniziato a mangiarne, dandone una buona metà a Suor Jola, che si è commossa per la condivisione del cibo da parte della bambina affammata. Infine la bimba, vedendo una lacrima inumidire gli occhi di Suor Jola, ha allungato la sua piccola mano per asciugargliela.

 

PER I NOSTRI AMICI RIMASTI IN ITALIA – Oggi abbiamo conosciuto Memo, la figlia della sarta della scuola, amica di Giorgia. Timida, all’inizio un po’ diffidente, la bimba, 2 anni appena, si è poi sciolta divertendosi a giocare di fronte alla macchina fotografica, mentre indossava il piccolo vestito regalatole dalla sua amica italiana.

 

VENERDI’ 09 AGOSTO 

Oggi abbiamo continuato il percorso dei cinque continenti. Il continente del giorno è stato l’Oceania, il film “Alla ricerca di Nemo”. Al pomeriggio i bambini non avevano lezione, ne abbiamo approfittato per fare partite di calcio, gare di tiro alla fune, corse coi sacchi, balli di gruppo ed altri giochi.

Abbiamo altresì iniziato a girare i video dei bambini adottati attraverso l’associazione “Sognavamo l’Africa Onlus”, ed i video dei bambini da adottare. 

Alla sera per la prima volta abbiamo proiettato un film per i bambini del villaggio, che ha avuto molto successo (“L’era glaciale”).

 

IL FATTO DEL GIORNO – I video pro-adozione: allorché il preside è entrato nelle classi per chiamare i bambini adottati, o da adottare, con cui dovevamo girare i video, questi erano inizialmente intimoriti, ma quando, rimasti soli con noi, abbiamo spiegato loro lo scopo della convocazione, i loro occhi si sono illuminati. Debora Chepkoech ed Esau Kipkorir erano particolarmente felici di avere ricevuto una lettera dall’Italia, e si sono messi con impegno a scrivere una lettera per i loro “genitori adottivi” italiani, in cui hanno raccontato un po’ di se stessi. Anche Sharon Chepkemoi Koech si è applicata nello scrivere la sua lettera. Suor Jola “Mtakatifu” ha sorriso quando leggendo la lettera di Chepkoech ha visto che la bimba, come suo sogno futuro, ha scritto di voler divenire come lei. Siamo poi andati a visitare la classe ed il posto letto dei bambini, che ci hanno descritto brevemente la loro giornata. Al pomeriggio abbiamo girato altri due video, questa volta con Faith Chepkoech Murkur e con Chelsea Chepchumba. Faith è un’alunna con una storia un po’ speciale: ha perso entrambi i genitori ed è stata adottata dallo zio Richard, che si occupa anche della figlia Sharon e della nipote Viola. Chelsea invece è una bambina piccola e anzichè scrivere una lettera si è applicata a fare un disegno da portare in Italia. 

Padre Christopher, scorrendo l’elenco dei bambini già adottati o ancora da adottare, ci ha detto che Cosmas Kipkorir Koech non frequenta più la scuola primaria, in quanto ha completato il suo percorso; voleva poi entrare in seminario, ma non è stato possibile, in quanto l’accesso al seminario era subordinato al versamento di una quota d’iscrizione che la sua famiglia non ha potuto coprire.

Nella passeggiata di ritorno verso casa, ci siamo accorti che fra i bambini del villaggio vi era Esau: è stato bello rendersi conto che alcuni dei bambini del villaggio siano stati ammessi dentro la scuola di Padre Christopher.

CURIOSITA’ – Nel parlare con le ragazze più grandi, Sara ha notato una bambina cui manca un dente; dialogando con lei, ha scoperto come fra i masai non ci si stringa la mano in segno di saluto ma ci si metta la mano sulla testa; in pochi attimi aveva la testa coperta da moltissime mani;  a questa ragazza manca un dente perchè l’ha dato in cambio di una mucca, come da usanza masai. Di giorno in giorno ci rendiamo conto di come questi bambini, pur sembrando tutti uguali, provengano da tribù e tradizioni diverse ed abbiano ciascuno una propria unicità.

 

SABATO 10 AGOSTO 

Oggi gita a Kericho a visitare le piantagioni di the e ad incontrare la famiglia di Padre Christopher.

 

IL FATTO DEL GIORNO – I colori della giornata sono stati sei. Arancione, come il colore dell’alba di Siongiroi: oggi ci siamo alzati presto per andare sino a Kericho, il paese natale di Padre Christopher. Abbiamo viaggiato su un matatu, il tradizionale taxi-pullman del Kenya; viaggiare su 4 ruote, anzichè camminare come di solito facciamo, circondati dai bambini, ci ha permesso di osservare meglio il panorama e così ci siamo ritrovati a pensare alle parole che aveva detto Don Mauro a Nairobi: queste persone sono abituate a vivere in spazi aperti, quando, a causa della modernità, si trasferiscono a vivere nelle grandi città sono destinate a sentirsi soffocare. 

Bianco, come il colore dell’ospedale di Kaplong, dove dopo alcuni giorni di separazione abbiamo riabbracciato Serena e Cristina, che ci hanno raccontato luci ed ombre della loro esperienza. 

Giallo come il colore dell’ananas. Ci siamo fermati a visitare una piantagione di ananas. Su ogni pianta nasce e cresce un unico frutto. Abbiamo assaggiato un paio di ananas appena raccolti, che avevano un sapore molto più gustoso e genuino di quelli cui siamo abituati in Italia. 

Grigio fantasia, come il colore di Kericho, la prima città africana che abbiamo visitato dopo Nairobi. Dopo 10 giorni, abbiamo rivisto un supermercato, che sorgeva non distante da un caotico mercato sulle cui bancarelle erano venduti oggetti di ogni tipo. 

Verde, come il colore delle piantagioni di thè, così immense che non se ne vedevano l’inizio e la fine. Suor Jola “Mdogo” e Miriam, passeggiando da sole all’interno della piantagione, il vento nei capelli, hanno provato una forte sensazione di libertà, e di incontro con la natura e con Dio. A Suor Jola “Mtakatifu” tanta immensità ha ricordato l’immensità delle distese d’acqua e delle foreste viste in Amazzonia nel 2012. Il Brasile è tornato nei suoi pensieri anche in altri momenti della giornata, come quando, appena uscita da Siongiroi, dal pulmino ha visto molti bambini che avevano in mano un machete, per iniziare la loro giornata di lavoro, o come quando ha sentito il rumore del motore del matatu, che le ha ricordato il rumore del motore della barca con cui navigavamo in Rio delle Amazzoni, o ancora come quando abbiamo fatto sosta alla piantagione di ananas, che avevamo già visitato durante l’esperienza missionaria in Sud America. 

Rosso, come il colore della terra di questi luoghi e come il sentimento con cui siamo stati accolti dalla famiglia di Padre Christopher. Una famiglia unita e numerosa, 27 fratelli nati da un padre e da due madri. Non tutti erano presenti a causa del contemporaneo svolgimento di una riunione di famiglia a Bomet, ma in tanti comunque hanno voluto presenziare per darci il loro benvenuto, attraverso il cibo, le parole di ringraziamento e la musica (abbiamo assistito ad un piccolo gospel dal vivo). Osservando la famiglia di Christopher, a Suor Jola “Mdogo” è tornata in mente la propria famiglia, composta da 16 fratelli. Paolo ha provato ad immaginare una simile accoglienza in Italia, una famiglia così numerosa convocata per dare il benvenuto a degli stranieri dalla pelle scura, ed il pensiero gli è parso complicato, forse difficile. Suor Jola “Mtakatifu” ha notato come in Kenya vi sia un rispetto diverso per i religiosi, i fratelli di Christopher non lo chiamavano semplicemente per nome, bensì “Father Christopher”. 

Viaggiare attraverso i colori del nostro arcobaleno africano dà un senso di pace e di allegria, ci unisce nel dialogare, cantare e scherzare (Matteo continua a sostenere che il chai, la tradizionale bevanda kenyota che è un misto di the e di latte, sia prodotto dalle mucche di Kericho che mangiano le foglie delle piante di the). Viaggiare, soprattutto, ci regala l’incontro con persone che desiderano renderci parte della loro famiglia e della loro vita, e questo dono ci arricchisce in un modo che è difficile descrivere a parole.

 

DOMENICA 11 AGOSTO 

Giornata di transizione. Al mattino messa, al pomeriggio proiezione di un film per i giovani della scuola (“Una settimana da Dio”), seguita alla sera da una nuova proiezione, questa volta per i bambini del villaggio (“Shrek”). Invero abbiamo notato che i bambini del villaggio sono molto più entusiasti dei bambini della scuola per le proiezioni cinematografiche, forse perchè in questi due anni i secondi si sono abituati a quella che nel 2011 era stata per essi una vera novità: nel 2011 avevamo lasciato computer e proiettore ed un’ampia collezione di film, che sono stati periodicamente trasmessi.

IL FATTO DEL GIORNO – Oggi desideriamo condividere l’esperienza, fatta di luci ed ombre, vissuta da Cristina e Serena presso l’ospedale di Kaplong. Scriviamo “fatta di luci e di ombre” perchè le nostre amiche sono state contente di avere vissuto questa opportunità di confronto e crescita professionale in una realtà ospedaliera africana, ma allo stesso tempo non hanno potuto non notare alcune carenze, o forse dovremmo dire differenze, che le hanno lasciate perplesse. La prima è stata la mancanza di empatia con i pazienti, o comunque di rispetto e delicatezza. Ad esempio, il primo giorno al Pronto Soccorso hanno partecipato alla preparazione di un cadavere. La “preparazione”, che in Italia non si usa fare, consiste nell’inserire delle garze nella bocca, nel naso, nelle orecchie e nell’ano, al fine di fare assorbire i liquidi del corpo. Orbene, le persone che si occupavano del cadavere lo trattavano senza rispetto, spostandolo come se fosse un oggetto qualsiasi. A questa mancanza di rispetto e delicatezza talora si accompagna una mancanza di igiene: Cristina e Serena hanno assistito a dei prelievi, durante i quali veniva usato più volte lo stesso ago sulla stessa persona; inoltre, anzichè cercare con cura ed attenzione la vena nel braccio, essi preferivano bucare ripetutamente il paziente sino a quando non trovanano la vena; spesso iniziavano questi tentativi dai punti più dolorosi del corpo umano, come le mani ed i piedi; ad un bambino è stato infilato un ago in testa; come laccio emostatico usano un guanto, e non indossano i guanti per fare i prelievi; mancano gli aghi più piccoli e vengono usate siringhe delle dimensioni più varie; le provette per raccogliere il sangue vengono riutilizzate dopo averle lavate; i campioni raccolti per il test della tubercolosi vengono messi su pezzi di carta rotta ed impolverata. In questi giorni, comunque, Cristina e Serena hanno avuto anche l’opportunità di assistere ad interventi interessanti, come due parti cesarei. L’esperienza, dunque, nel complesso, si può considerare positiva, anche se le differenze rispetto alla gestione ospedialiera in Italia ha lasciato in loro qualche perplessità.

L’AFRICA E’ – Al pomeriggio c’è stata una messa per le donne di Siongiroi, che partivano oggi per una settimana di riunione in Bomet. Presso la scuola è arrivato un pullman, simile a quelli italiani, sul quale sono salite le donne di Siongiroi in partenza per Bomet; nel salire, hanno invitato Isabella e Silvia a fare il viaggio insieme a loro. Isabella e Silvia hanno accettato di salire sul pullman; Isabella si è sentita orgogliosa di essere donna in occasione di questa riunione di donne, le è piaciuta l’idea che le donne della regione partissero per riunirsi e trascorrere una settimana tutte insieme; la formazione sarà dedicata a lezioni sull’economia domestica, l’igiene e sanità, la religione cattolica, ed altro. Di paese in paese, sul pullman sono salite altre donne; arrivate a Bomet, si vedeva che le donne riunite erano sorprese e felici di avere insieme a loro due donne bianche. 

Con l’occasione Padre Christopher ha comprato delle taniche d’acqua con i 7000 scellini donati da un membro del Parlamento. Nella scuola, infatti, è finita l’acqua.

continua a leggere...

 

 

 

 

 

© 2013 - Sognavamo l'Africa o.n.l.u.s.    C.F. 95615760014